lunedì 8 ottobre 2012

Ho sentito sti tipi sulla compilation di Mojo di ottobre

Mojo è una rivista musicale inglese che costa quasi 10 euro. Io la compro più o meno regolarmente dal 2003. I primi numeri erano illuminanti. Io ne sapevo molto meno, ma con Mojo ho imparato a conoscere e apprezzare decine di bands, di generi diversi. Non è per fare lo snob, per far vedere che so leggere una rivista in lingua, è solo che quelli di Mojo hanno competenza e al contempo sono molto "alla buona". Ogni numero, in concreto, ha un tema, uno speciale, un sacco di belle foto e di articoli davvero esaustivi ma mai pedanti. Certe interviste di Mojo sono davvero inarrivabli, come quella a John Cooper Clarke fatta dal tipo degli Arctic Monkeys. 
Vabeh.
Negli ultimi anni, tutti i mesi Mojo ha montato in copertina un CD. A volte sono compilation di roba originale, a volte si scade nel loffio con riedizioni cover di questo o quell'altro album famoso. Quando ci son le cover non lo compro.
A sto giro la compilation invece è una bomba. Sono "indie classics" dal 1982 al 1987. Terreno vastissimo e (per me) parzialmente inesplorato. Nel 1982 avevo 7 anni e facevo come Tardelli sulla moquette della casa in affitto che avevamo in paese. Più tardi, nel 1987, guardavo con ammirazione i paninari sognando un paio di Timberland.
Solo pochi anni dopo sarei avrei preso sentieri molto diversi. In tutto questo divenire, in Inghilterra c'erano gli Smiths (che tuttavia apprezzavo pur non capendoli su Deejay Television, che ogni tanto passava Ask) e tutto un altro sottobosco pazzesco. A scoprirlo adesso, ha un sapore particolare. Chissà che facce avevano quelli che in quegli anni, in Italia, ascoltavano i Go Betweens, o i Felt, o i Weather Prophets. Mentre Boldi sbancava i botteghini e tutti "facevano gli americani" da Burghy, mentre il figlio di Silvio spuntava a Drive In e mia mamma si beccava Dallas, nasceva quello che si sarebbe poi chiamato "indie rock". Indie è un bel termine, io l'ho sentito per la prima volta da uno che parlava dei Charlatans. Adesso invece sembra quasi un insulto, una roba finta, o meglio, un qualcosa privo di significato. I Kasabian sono indie, oppure ti vesti indie... ci sono i tipi indie, che non hanno un cazzo di disco in casa.
Chiamatemi "il Dottor Divago"... torniamo alla raccolta di Mojo... bene, è un buonissimo compendio di quel suono e di quell'estetica sfuggente, difficilmente classificabile, tra l'82 e l'87. Bello perchè nessuna delle bands ha un'immagine, ma ciascuna insegue un frammento, un gioco di rimandi. C'è Billy Bragg, il folk singer ultracomunista che fa i picchetti, ci sono i Television Personalities (che in piena guerra fredda si vedono costruire nella loro città un arsenale missilistico, e quindi scrivono "How I Learnt To Love The Bomb"), ci sono i Weather Prophets, i Felt che stanno un qualche centimetro sopra tutti, i Dentists e gli immensi La's che suonano come un diamante grezzo anche se registrano in un pollaio... beh, mi piacerebbe conoscere qualche storia di chi negli anni 80 c'era, e, alla facciazza di tutto, in Italia, si godeva queste piccole comete di passaggio, laterali ai vari Duran Duran, al punk hardcore, al goth, alla new wave e all'electro. Chissà cosa facevano, chissà che facce avevano, chissà se stavano in città o in provincia... chissà se esistevano, soprattutto...

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