sabato 29 dicembre 2012

Ho sentito sti tipi in giro nel 2012

2012: anno atipico, bilancio negativo, sfido chiunque a dire che non sia stato un anno di merda. In un certo senso i Maya hanno avuto ragione: per il sottoscritto è stato un anno di grandissimi cambiamenti. Ho cambiato casa, ho perso una persona cara, sono stato dall'altra parte del mondo, ho tremato e gioito per il il lavoro, la vita di tutti i giorni e altre mille cazzate. Ho qualche capello bianco in più, e ho cambiato di molto la prospettiva su molti aspetti delle cose...
Musicalmente parlando, è stato un anno traballante: al suono pompato dal mio stereo spesso si è sovrapposto il rumore del trapano, il brusio dei magazzini del fai da te, il fruscio delle carte, il ticchettio dei tasti del computer o il silenzio di un ospedale.
Non so bene che direzione abbiano preso i miei ascolti, e infatti non ho una playlist "tradizionale", nel senso letterale del termine.
Non ho ancora trasferito tutta la mia collezione nella casa nuova, ho continuato comunque a comprare e cercare roba nuova.
Forse le soddisfazioni più grandi me le ha date la musica dal vivo, e questo è positivo. In quest'anno mi sono goduto l'eccitazione e l'attesa di eventi che non avrei mai sperato potessero avverarsi. Nel 2012 ho visto per la prima volta Morrissey, ho visto gli Stone Roses, ho stretto la mano a Mick Jones, ho visto Tricky, gli Spiritualized, e direi che a livello emotivo siamo a posto. A livello umano anche, perchè in tutte le occasioni sono stato insieme a persone che hanno reso l'attesa e l'esperienza degna di essere vissuta.
Sulla musica "registrata" ho avuto qualche sorpresa: niente nomi altisonanti, niente milioni di copie vendute. La maggior parte dei bei dischi che ho fatto passare quest'anno sono ancora "artigianali", parola che per me sostituisce senza bisogno di rinforzi la parola "indie".

Il primo discone è arrivato da un amico, che l'ha prodotto: si tratta di "Sin And Lostness" dei Lost Rivers, su etichetta Northern Star Records. Una legnata, una specie di macro-incubo di rumore che esce dalla dimensione onirica e si incarna sulle strade umide e nebbiose che ogni mattina mi portano in ufficio. Le povere casse della mia Micra 1.2 hanno visto uscire un mostro a metà tra Joy Division, Jesus & Mary Chain, Sonic Youth, Spacemen 3... insomma... capito, no?
Poi ho fatto girare l'album di Mark Stewart (ex Pop Group), "The Politics Of Envy": un disco totalmente "meticcio", fatto di elettronica, wave, dance, reggae... un'uscita che sembra partorita in un fabbricone abbandonato, nel cui sotterraneo si distilla dubstep e industrial, sotto la frusta di un sardonico "padrone". Ci sono in mezzo Bobby Gillespie, Lee Scratch Perry, Daddy G dei Massive, Keith Levene dei PIL... un bel quadrello in mezzo ad una vetrina di un negozio di lusso...
Non è che qui piova sempre, eh... il sole lo riportano i Dot Dash, formazione americana in cui si mescola il meglio dell'underground di Washigton DC: un disco pop vero, un piccolo capolavoro che magari rimarrà nell'anonimato, ma non per me. "Winter Garden Light" è esattamente quello che cercavo, ovvero un grande ritorno alla melodia, sostenuto da chitarre e riverberi anglofoni, soggetto a cambiamenti d'umore e di atmosfera.
Non so se sia del 2012, ma ho anche sfondato il CD antologico degli Underworld, tra i miei preferiti di sempre in campo dance/elettronica. Se una città potesse suonare, farebbe il rumore degli Underworld. Dalla provincia piemontese fino all'estremo oriente, il cemento e il traffico si muovono al ritmo di "Scribble", "Dark Train", "Two Months Off", "Moaner".
Quando ho avuto bisogno di calma, sono arrivati Danny Mahon e Andy Whitaker, tutti e due dalla piovosa Manchester. Il primo, giovane e ribelle, il secondo più anziano e maturo. Tutti e due a dire qualcosa con la loro strumentazione acustica, per scalare la marcia e godersi il tempo che, ahimè, passa veloce.
E il ritorno dei Madness, con il disco pop migliore dell'anno: Oui Oui Si Si Ja Ja Da Da. La speranza alla quale ti aggrappi quando esci per le strade della tua cittadina e quello che vorresti è solo un pub (che non esiste) e una manciata di amici.
Poi Lee e i suoi Death Threat Cassette, frustrazione su registratore 8 tracce, alla maniera della migliore Sub Pop... un disco "incazzato" e perfetto nelle sue sbavature.
All'ultimo momento mi hanno pure regalato l'album degli XX, "Coexist", che sta girando in questo momento... decisamente buono... son tempi di crisi e loro tagliano il superfluo, lasciando solo l'essenziale e restando comunque ammalianti e raffinati.
Poi, inaspettatamente, tanta roba italiana. Che sia la volta buona? Quest'anno ho consumato l'LP dei Be Forest (sulla propaggine post-gaze della penisola), Mushy (uno degli ultimi acquisti), i sempre validi Soviet Soviet (che finalmente ho visto dal vivo), i mastodontici Ufomammut, i Giuda (che ormai hanno scavallato anche oltremanica), ma anche realtà che sollevano la testa dall'acqua alta di queste zone paludose, prendendo grossi respiri. Tre nomi su tutti: Temponauts (con un disco in uscita semplicemente PERFETTO), Allan Glass e i potentissimi paladini dell'hardcore vecchio stile che rispondono al nome di Collateral Damage...
A proposito di hc italiano... insieme ai "soliti noti" qui in città ho avuto la fortuna di conoscere e chiacchierare con Zazzo dei Negazione (e il libro + CD "Il Giorno Del Sole" su Shake va di diritto nella mia playlist di fine anno), in una "giornata perfetta" che sarebbe piaciuta a Lou Reed...
Beh, credo che ora come ora sia tutto, più o meno tutto è stato compresso e sistemato a dovere. Ovviamente accanto a queste "novità" ci sono stati sempre i miei ascolti "materasso", che bene o male continuano a girare: reggae, dub, soul, Joy Division, Happy Mondays, Specials, insapettatamente uno svarione per i Death In June, ma anche le grandi certezze di sempre, che lo sapete quali sono.
Cosa si aspettano le mie orecchie nel 2013? Non si può sapere. Per certo posso dire che, di qualunque cosa si tratti, sarà qualcosa che come sempre aiuterà a vivere meglio.

lunedì 17 dicembre 2012

Ho sentito sto tipo che si chiama Andy Whitaker

This will be my first post entirely written in English. Well, I don't want to seem posh or whatever, I simply decided for this option since I got more and more feedback from abroad than from Italy. So, hope you won't mind... anyway, I'm keeping the exotic Italian title just to add a bit of extra fashion to it... joking...
As I was saying a few days ago, internet is totally unuseful for some kind of issues... I did not came through this interesting new release from facebook, or from some hipster webzine, but by word of mouth, which works better than anything in some cases. My pusherman Simon introduced me to the work of Andy Whitaker, formerly The Sun And The Moon, Music For Aborigines and Weaveworld. But I don't want to talk about that too much, because I don't want to prepare your ears to what's coming next.
Well, acoustic stuff is not the usual genre I use to groove to in this period.
But when something special comes in store, a interest comes back in a natural way.
"Things that happened on earth" is not that typical Nick Drake thing you expect from an acoustic, folksy album. This is intriguing. And that's a great point.
Andy's voice lays over some beautifully crafted musical parts, throwing a dark shadow and pushing a strange mood in.
It's not easy to to explain, I'll say you get something similar to that restless feeling you get when you listen to "Forever Changes" by Love. 
Yes, there are hints of Scott Walker and Lee Hazlewood as well, but this album ranges from clear, bright ballads to more experimental tracks, and everything shows a wide range of feelings, the same mixed feelings you get when you live a real life.
Some laid back moments, like the beautiful Stars, goes along with darker explorations ("Sermon on the mount", "Primordial soup"), and the album keeps on going without weak points, oscillating from calming moments to humoral passages. 
The musical parts on the album are brilliant: soundscapes are elegantly presented, arrangements are finely crafted, guitars, pianos, and a few electronic tricks perfectly fit as an enviroment for Andy's songs and stories.
It's a very "adult", ethereal, mature album, just loosely connected with any genre cliché.
Since I got the promo copy I kept on listening to it as a soothing experience, while the crisis goes on and people keep on going mad outside.
Despite of its gentle sounds, this is not a "quiet" album though: it keeps a dark thread weaving through the tracks, adding a sort of magical, magnetic aspect. Like a shell hiding a bittersweet secret.
Do yourself a favour, get yourself a copy of this beautiful piece of music here: http://www.wanderlandmusic.com/andy-whitaker/
Don't stop the word of mouth.

mercoledì 12 dicembre 2012

Internet non serve a un cazzo

Sono arrivato a congetturare questo dato di fatto. E' un periodo veloce, intenso, che mette alla prova quello che porta alle feste natalizie. E fin qui, siamo tutti d'accordo. 
Nel cercare un po' di sollievo da lavoro e vita varia, ho deciso di sgrassare un po', facendo ciò che più mi piace, e, talvolta, meglio mi riesce: comprare dischi. 
Dopo aver effettuato qualche acquisto destinato a diventare un regalo, ho avanzato sulla prepagata circa 18 euro, ed ho deciso di devolverli a me stesso. 
Ho voglia di comprarmi un bel disco nuovo. 
Ed è da domenica sera che impiego circa 30 minuti al giorno nella ricerca spasmodica e disperata di qualcosa da comprare e ascoltare: ristampe, dischi nuovi, italiani, stranieri, cd, vinili e chi più ne ha più ne metta.
E via a cercare tutti i reader's poll di fine anno sulle riviste che contano, confesso di essere finito anche su Pitchfork, su Vice (che comunque è veramente il regno della fuffa dietro ai mobili) e su svariate riviste online piuttosto "hipster".
Devo spendere quei cazzo di 18 euro.
E' tutto di moda, è tutto fuori moda. E' tutto già passato sotto le mano di recensori (magari poco più che maggiorenni) e tutto è stato promosso o ghigliottinato dai giudizi così ipercinici della rete. Ho cercato decine di nomi, soundcloud, facebook, reverbnation e compagnia suonante, magari facendomi abbindolare da aggettivi originali, oppure da nuove sensazioni che mettono d'accordo tutti.
Io sono arrivato ultimo, e mi son messo ad ascoltare con la voglia di portare a casa qualcosa di buono per le giornate (speriamo) di ferie. 
Tutti i dischi che ho provato ad ascoltare sono a portata di click, con spese di spedizione gratis o se spendo 20euro mi portano a casa un bancale di roba, il giorno dopo.
Io c'ho provato, immaginandomi in redazioni high tech in cui i cervelloni della critica musicale online intrecciano le maglie della musica del futuro, o del passato, dei dischi che tra vent'anni saranno classici. Tante, tantissime parole e chilogrammi di barbe e baffi, occhiali con la montatura spessa, collezioni stipate in iPod da tremila giga, vernissage e design, comunicazione, nuovi media, indie, defilè e American Apparel.
Ma non ho trovato un cazzo, e ho ancora 18 euro sulla carta di credito.
Vorrei solo qualcuno che mi desse un consiglio, sincero, spassionato, tre parole da uno che ti conosce e ti consiglia un disco figo, spiegandoti pure il perchè.
Io ce l'ho messa tutta, ma Internet non serve a un cazzo.

martedì 4 dicembre 2012

Ho sentito sti tipi che si chiamano Death Threat Cassette

Più passa il tempo più mi rendo conto di una cosa, e non solo nell'ambito musicale. La "comunicazione" intesa in senso lato, il marketing, l'immagine, la presenza sul web devono esplodere, lasciando cadere l'enorme fallout di fuffa che hanno accumulato in questi anni. Che vadano sulla forca la presenza su facebook, la pubblicità mirata, le belle foto e tutto il resto. A me le novità più buone le passano sempre gli amici, le persone che se ne battono di tutto il carrozzone madiatico, concentrandosi sulla musica, sia essa quella di un demo registrato in cantina o di un disco di platino. Simon, un ascoltatore vero, uno di quelli di cui ti puoi fidare, mi passa un nome: Death Threat Cassette. Mi dice che gli hanno fatto venir voglia di ascoltarli ancora, di scriverci su, di far loro un po' di pubblicità. Ed eccomi qua a parlare di loro, finito "sotto" nel giro di tre brani, già a sperare di mettere le mani sull'album il prima possibile. Death Threat Cassette: una cassetta con minacce di morte, un duo a bassa fedeltà dal Nord Est britannico, pop, elettronico, formato camera da letto. Grandi melodie, chitarre incasinate, tastiere, rumori, batterie elettroniche, grandi hooks, intuizioni geniali, urgenza pop, ma anche malessere suburbano, scazzo e sana voglia di turpiloquio. Tante le atmosfere, una sola via di fuga, rappresentata dalla forma canzone, intrisa di indolente spleen di inizio millennio. Hanno un bel nome, suonano da Dio. Si chiamano Death Threat Cassette e ve li potete godere qui http://www.reverbnation.com/deaththreatcassette/. Il loro album si chiama "Lo-Fi Or Die". Capito?