Tante volte la curiosità per un disco o per un suono nasce da un presunto messaggio che il disco o il gruppo millanta di portare avanti.
C'è stata tutta la generazione della Summer Of Love, poi il Punk, che fece dell'assenza di messaggio il "metamessaggio", poi la menata dei cantautori impegnati, poi ci sono tutta una serie di personaggi che a quel messaggio stanno attaccati per tirare avanti (mi vengono in mente, senza ordine alcuno, gente come Rage Against The Machine, o 99 Posse per volare più basso sul rivouzionario a basso costo).
Ebbene, siamo nel 2013 e detto francamente dei messaggi ne abbiamo anche piene le palle.
Non che cercare di dare un senso alle cose abbia perso di senso, ma è ora di smetterla di fare i Bono della situazione, o di farsi scudo con un antifascismo che garantisce dreadlocks, canne e contributi SIAE. Oppure di subire grottesche maschere da concerto del primo maggio.
Il problema è sottile, e trovare un nemico sui generis è veramente l'ultima delle esche per far abboccare una folla di consunti "alternativi" fuori tempo massimo.
La linea tra buoni e cattivi è sempre più sfocata di questi tempi.
Il problema è molto più localizzato, perchè chi risponde al "messaggio" dei grandi (o piccoli) idoli rock è inesorabilmente condannato a rispondere a comando ad una serie di stimoli preconfezionati.
Quello che mi ha affascinato dall'inizio, per quanto riguarda le Savages, è il fatto che loro si autodefiniscano una post punk band di Londra. Niente voli pindarici. Questo è ciò che sono, e che suonano.
Sulla copertina del loro album "Silence Yourself" c'è una specie di monologo che invita a far silenzio, abbassando il brusio della vita, le tremila distrazioni che per un motivo o per l'altro tendono a distogliere l'attenzione da un pensiero. La radio, le auto, il messaggio sul telefono, internet, la musica diffusa in un centro commerciale, le voci sovrapposte come un robusto tessuto nei luoghi pubblici.
Tutto questo va a sfavore della concentrazione. Quand'è stata l'ultima volta che avete ascoltato un disco nel silenzio più totale della vostra casa? Quand'è che non l'avete fatto dalle casse di un pc, o su un mezzo pubblico con un lettore mp3, o in macchina? Io probabilmente dall'estate del 93...
Facebook, il telefono, il campanello, il frigorifero, l'alternarsi caotico di immagini, discorsi, urla, zapping e stronzate in TV... pensate a quanto sareste più solidi senza dover stressare i cinque sensi per rispondere a tutte le sollecitazioni.
Pensate a quanto sia tutto meno intenso se vissuto in superficie, prestando occhi e orecchie a tutto ciò che gira vorticosamente intorno.
Ho pensato per giorni a questa cosa:
che poi sarebbe il monologo sulla copertina del disco delle Savages.
"Tu sei distratto / Tu sei disponibile"
E poi mi sono messo ad ascoltarlo, questo album. Che è onesto come dire "we're a post punk band from London". Un citazionismo serio, austero, come se il tempo non fosse mai passato. E di fatto una lugubre liturgia new wave è, come sostengo da tempo, un perfetto metronomo a scandire ore del 2013.
Le Savages non regalano sorrisi, non sono particolarmente belle, e vivono di continui rimandi al mondo di Joy Division e Siouxsie. Alla fine "Silence Yourself" è proprio un mix di queste cose: ben fatto, compatto, angosciante, apocalittico.
Il fatto che siano una "all girl band", è secondario, e questo è già abbastanza. Non siamo di fronte all'ennesima riesumazione delle inutili e sguaiate Riot Girls, che innescano un brutto meccanismo di sessismo al contrario. Non sono brave perchè sono donne. Sono brave perchè dicono delle cose, indipendentemente dal contenuto tra le gambe.
E' facile cedere a "Silence Yourself", perchè picchia duro sui nervi, svapora con qualche nota di sax, contrae nuovamente le atmosfere con accenni addirittura heavy metal.
E' la miglior dimostrazione di come la musica possa far passare un messaggio senza cacciarlo giù per la gola. Propugnando il silenzio.
Più sei concentrato, più sei pericoloso. E' per quello che continuano a distrarti.